Ho iniziato a fare l'allenatore di calcio a livello giovanile intorno ai 16 anni, negli anni successivi
ho ottenuto le qualifiche Uefa C e poi successivamente Uefa B. Per me l'allenatore oltre a
conoscere il gioco e cercare di farlo vivere ai propri giocatori in prima persona, deve essere
molto bravo nelle relazioni, nell'ascolto e nella comunicazione. in questi anni oltre a studiare e
approfondire la metodologia sul campo e gli aspetti tecnico-tattici ho avuto modo di
approfondire la conoscenza di chi è l'uomo, su aspetti emotivi, culturali, di apprendimento,
desiderio e ricerca di senso. Da qui è nata la necessità di donarmi agli altri, non solo a livello
sportivo, e ho quindi intrapreso varie forme di volontariato, dal servizio Caritas per gli indigenti
fino al ruolo di volontario nei reparti oncologici. Il desiderio che ora porto nel cuore è proprio
quello di potermi donare totalmente a chi resta indietro. Donando il mio tempo e le mie
energie per gli "ultimi" ho avuto modo di essere a contatto con vite stanche, vite affrante per
problematiche di diverso genere, dall’impossibilità di mangiare allo strazio di una malattia. Mi
sono occupato presso una associazione di preparare la spesa per gli indigenti, per persone che
si trovano in questa vita senza una vita, ho ascoltato persone che avevano delle storie
struggenti e allo stesso modo trascinanti. Non c’era nulla di suggestivo nel preparare la spesa,
chiunque poteva farlo, non serve avere nessuna predisposizione nel riporre degli alimenti in un
cartone da consegnare. La cosa più triste è che queste persone si guardano con gli stessi occhi
della gente che li guarda, fanno fatica a perdonarsi, fanno fatica ad apprezzarsi, fanno fatica a
riconoscersi uomini. Non hanno paura a parlare dei loro fallimenti, non hanno paura di essere
sotto un giudizio perché il più grande giudizio è quello che gli ha dato la vita. Una persona che ti
dice: “Non diventare come me” non scherza. Non metto in dubbio che in certi casi si è
responsabili della situazione che si vive, ma, altre volte, sono proprio le situazioni che ci hanno
colpito che ci costringono e che hanno costretto queste persone ad elemosinare non due spicci
o un pasto, ma la vita. Donare è cambiare il mondo, è perché sono un uomo che sono chiamato
a rispondere alle sfide di ogni giorno. Anche chi ha poco non deve sentirsi sfortunato, ma deve
sapere che il più responsabile della vita, della realtà che abita è proprio lui perché, a differenza
degli altri, può veramente destare, pungolare chi si lascia attraversare passivamente dallo
scandire lento, ma senza sosta del tempo. L’uomo è colmo di dolore, di convinzioni che
ostacolano la sua vera natura. Nutre una volontà innata, ma l’ha dimenticata, ha bisogno di
qualcuno che lo aiuti a muovere le acque della coscienza, che lo aiuti a guardarsi l’anima.
Vorrebbe essere grato alla vita, vorrebbe prenderla sul serio, così come si presenta. Ogni vero
ideale nasce dal cuore dell’uomo, perciò non tradisce, non è amaro, desta sospetto perché
oramai è insolito. Non si capisce la felicità, non si capisce l’amore, non si capisce il dolore, non si
capisce la vita, e neppure lo sport, se non si capisce fino in fondo l’uomo, se non si ama l’uomo.
Aggiungo che inoltre ho scritto un libro intitolato "Dentro è l'aurora", che tratta i temi del
dolore, della sofferenza, della morte e della spiritualità. Oggi lavoro come operatore di prima accoglienza in un centro Caritas.
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